WOMAN IN GOLD

WOMAN IN GOLD. Di Marina Isaia

La vicenda è quella vera di Maria Altmann, nata a Vienna nel 1916, ebrea fuggita da Vienna poco dopo l’arrivo dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale e rifugiatasi da allora in America, di cui era diventata cittadina nel 1945. La sua ricca famiglia, all’epoca, nel 1938, si vide sequestrare dalle SS molti beni, tra cui il ritratto della zia Adele Bloch-Bauer, dipinto da Gustav Klimt, poi finito in periodi successivi al museo del Belvedere. Quando, alla fine degli anni Novanta, lo stato austriaco inaugura una politica di restituzione delle opere rubate dai nazisti, Maria decide di recuperare ciò che è suo. Il fatto che il quadro di cui rivendica la proprietà sia il più famoso d’Austria, però, complica le cose. Definito la Mona Lisa d’Austria, il quadro olio su tela, argento e oro, 1 metro e 40 per 1 metro e 40, è il capolavoro di Gustav Klimt.

Rivoltasi a un giovane e timido avvocato, Randy Schoenberg, nipote del compositore Arnold, e con la collaborazione di un giornalista, Maria inizia una lunga battaglia legale che la vedrà, di fatto, trascinare il proprio Paese natale fino alla Corte Suprema Americana. L’anziana sig.ra spinta dal desiderio di ottenere giustizia, anche se in tarda età, si lancia in una apparentemente insormontabile sfida, quella di recuperare dal riluttante e smemorato governo della repubblica austriaca il dipinto di Klimt appartenuto alla sua famiglia ebrea, dal cui sterminio soltanto lei si era salvata fuggendo in America.

Questa storia ha ispirato anche un film che ha incassato 100 milioni di dollari e portato a casa ben 4 nomination all’Oscar: il ruolo di Maria è stato egregiamente interpretato dalla carismatica attrice Helen Mirren perfetta negli abiti eleganti di Maria Altmann.
L’odissea legale, per il recupero del quadro, iniziò quando Maria aveva 82 anni e citò in giudizio lo Stato austriaco davanti a una corte della California: finalmente, nel 2006, al termine di una lunga battaglia, ottenne la restituzione di cinque Klimt, compreso quel famoso e bellissimo ritratto (che poi ha venduto per 135 milioni di dollari).
Dei casi di opere d’arte sottratte agli ebrei si occupano soprattutto le autorità statunitensi, che hanno stipulato accordi bilaterali con i Paesi liberati e creato una speciale unità dell’esercito incaricata di censire i tesori trafugati:

l’idea era di rispedirli nei Paesi di provenienza perché fossero restituiti ai proprietari o ai loro eredi. Ma il compito risulterà più complicato ed arduo del previsto.
Questo però non è un caso isolato.
Varie opere trafugate da gerarchi e ufficiali del Reich sono state acquisite – magari chiudendo un occhio sulla provenienza – da musei nazionali. Il diritto internazionale prevede che uno Stato sovrano non possa essere giudicato da un suo pari. In cause intentate negli Usa da cittadini certi di poter dimostrare i propri diritti su alcuni pezzi, i governi di Spagna o Austria hanno fatto valere questo principio per dichiararsi esentati rispetto all’attività dei magistrati di un Paese straniero.
Così, ad oltre 60 anni dai fatti, ci sono vertenze ancora irrisolte …

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