In futuro ci sarà solo futuro.

Di Gianna Ganis

Angelo Eugenio Dorfles, detto Gillo artista eclettico che ha battuto tutti i record, anche quello della vita, si è spento a 107 anni nella sua casa di Milano: oltre a critico d’arte è stato anche pittore, poeta, docente e filosofo.

Era nato  austroungarico, suddito dell’imperatore Francesco Giuseppe il 12 aprile 1910 a Trieste, da padre goriziano e madre genovese. Aveva giocato a bocce con Italo Svevo, comprato libri da Umberto Saba, litigato con Eugenio Montale. Suo suocero era molto amico di Giuseppe Verdi. Aveva ascoltato la bisnonna raccontargli le Cinque Giornate di Milano e sua moglie arrivò all’altare al braccio di Arturo Toscanini. 

Intraprese i suoi primi studi in medicina specializzandosi in psichiatria “Ho preso una laurea in medicina perché ho pensato che fosse una cosa seria, ma non ho mai esercitato. La medicina è cambiata man mano dal basso al meglio, ma non è mai arrivata all’altezza dell’arte. Non c’è confronto possibile…”

Indagare le inquietudini dell’arte, è stata in realtà la sua vera grande passione che lo ha accompagnato fino alla fine e che ha coltivato sin dagli anni ’30, quando comincia a dedicarsi allo studio della pittura e dell’estetica. Diventa quindi professore di estetica all’università di Milano e nel 1948 fonda con Bruno Munari, Atanasio Soldati e Gianni Monnet il MAC Movimento Arte Concreta.

Durante gli anni ’50 espone le sue opere in sia in Italia e all’estero, ma comincia anche ad intensificare l’attività critica, alla quale si dedica in maniera quasi esclusiva fino agli anni ’80. Solo nel 1986, con la personale presso lo Studio Marconi di Milano, torna a rendere pubblica la propria produzione pittorica. Il suo contributo allo sviluppo dell’estetica italiana del dopoguerra rimane fondamentale, a partire dal “Discorso tecnico delle arti” (1952), due volumi dedicati all’architettura (Barocco nell’architettura moderna, L’architettura moderna) e un famoso saggio sul disegno industriale (Il disegno industriale e la sua estetica, 1963).

Impegnato nella difesa dell’arte d’avanguardia è stato anche colui che ha sdoganato il “kitsch” senza averlo mai praticato ma diventandone il rivalutatore in base all’assunto contro-intuitivo secondo il quale il gusto deteriore svolge la funzione di «mezzo a contrasto» per l’individuazione della vera arte “la vera opera d’arte esiste solo in contrapposizione al kitsch tesi espressa nel saggio dal titolo “Il Kitsch del 1968.

Nella sua lunghissima carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti: tra i quali il Compasso d’oro dell’associazione per il design industriale (ADI)o la Medaglia d’oro della Triennale e 2 lauree honoris causa in architettura e lingue moderne.

Uscirà postumo, il 5 aprile per Skira, il suo ultimo libro “La mia America”, a cura di Luigi Sansone, un volume, nel quale Dorfles ha riunito alcuni scritti sulla società americana, sulla pittura, l’architettura, il design e l’estetica statunitense

In una delle sue ultime interviste di se dirà «Com’è la vita oltre i cent’anni? Non amo l’argomento. Ci si annoia, perché si fatica a leggere. Le novità mi piacciono, ho anche preso il cellulare. Non sono morigerato, ho sempre mangiato le cose che mi piacevano: gli gnocchi alla romana, i carciofi, i tartufi; e i fritti, bevuto vino rosso”

Si può dire che Dorfles è stato la dimostrazione che la giovinezza sta nella curiosità per la vita, e nel commemorarlo, il sindaco di Milano ha ripreso un concetto che ci trova pienamente d’accordo:

 “La sua vita, di cui la longevità è l’elemento forse meno straordinario se confrontata alle sue infinite esperienze, è stata una ricerca continua della bellezza in ogni sua forma. Ora resta un grande vuoto, che tenteremo di colmare continuando ad amare l’arte nel modo in cui ci ha insegnato. Mancherà il suo sguardo attento, la sua integrità intellettuale, la sua visione libera e consapevole

 

“Laico, senza pregiudizi, senza retorica, artista dell’eterno presente”, lo ha definito Achille Bonito Oliva;

“Insegna agli angeli cos’è il buon gusto”, ha scritto Marta Perego.

Essere sempre nel tempo”, è il commento di Roberta Melasecca.

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