GEOPOLITICA E GRANDE ARTE

Di Gianna Ganis

Quando lo scorso novembre fu battuto all’asta da Christie’s a New York per la cifra record di 450 milioni di dollari, i media di tutto il mondo si chiesero chi fosse l’acquirente anonimo del Salvator Mundi, il dipinto di Leonardo da Vinci, diventato l’opera d’arte più costosa della storia mai battuta all’asta. Il famoso dipinto è un olio su tavola (66×46 cm) attribuito a Leonardo da Vinci, databile al 1499 la cui autenticità è stata confermata nel 2010.

A distanza di 4 mesi il Daily Mail rivela che l’acquisto fu portato a termine dal principe Bader bin Abdullah come prestanome dell’erede al trono dell’Arabia Saudita, Mohammed Bin Salman detto MBS. Il tabloid racconta anche l’incredibile equivoco “geopolitico” che si è consumato dietro alla favolosa asta e che ha fatto lievitare esageratamente il prezzo del dipinto.

Secondo la ricostruzione del Daily Mail il principe saudita MBS decise di acquistare il Salvator Mundi per un solo motivo: non farlo finire nella mani dei nemici del Qatar. Ma a quanto pare a partecipare in maniera anonima all’asta milionaria non furono i nemici qatariani, bensì un rappresentante degli Emirati Arabi Uniti, paese amico dell’Arabia Saudita che voleva acquistare il dipinto per il nuovo museo del Louvre di Abu Dhabi.

Durante la contrattazione al rialzo durata una ventina di minuti, entrambi i contendenti pensavano che dietro i rilanci ci fosse il Qatar, feroce rivale in Medio Oriente sia dell’Arabia Saudita sia degli Emirati Arabi Uniti e perciò portarono l’asta fino alla cifra astronomica di 450 milioni di dollari. Solo alla fine della contesa, quando gli Emirati cedettero, i due contendenti seppero che il Qatar non aveva mostrato alcun interesse all’acquisto del quadro.

Poche ore dopo l’acquisto del Salvator Mundi, l’erede al trono saudita MBS fu vittima di un’ulteriore beffa. Venne a sapere infatti che l’anno prima dell’asta – spiega una fonte anonima al Daily Mail – il dipinto era stato offerto per soli 80 milioni al Qatar da Dmitrij Rybolovlev, il miliardario russo che al tempo possedeva il Salvator Mundi che aveva pagato a sua volta un centinaio di milioni. I rappresentanti del Qatar l’avevano esaminato, e valutando fosse troppo cristiano per la loro collezione, rifiutarono l’acquisto.

Le critiche in patria

L’acquisto per 450 milioni di dollari del dipinto da parte dell’erede saudita MBS è stato molto criticato in patria perché portato a termine in un periodo in cui il governo aveva attuato forti misure di austerità a causa della crisi economica successiva al crollo del prezzo del petrolio.

Per salvare la faccia e liberarsi della costosa opera d’arte, pochi giorni dopo l’asta MBS ha stretto un patto con la sua controparte emiratina per scambiare il dipinto con il superyacht “Topaz” dello sceicco Mohammed Bin Zayed, valutato 450 milioni, la stessa cifra pagata per il dipinto. Ovviamente il Topaz è uno yacht da favola, costruito in Gran Bretagna che misura 146 metri, ed è dotato di 26 cabine dove ospitare fino a 79 persone.

Così a una settimana dall’asta e a scambio avvenuto, il governo degli Emirati Arabi ha annunciato lo sbarco del Salvator Mundi nella sua collezione del Louvre di Abu Dhabi, con grande sorpresa dei fan dell’arte di tutto il mondo.

Mistero svelato? Vicenda conclusa?

Non esattamente.

Sul Financial Times e per il Wall Street Journal una fonte anonima a conoscenza della transazione, ha confermato che il principe Bader avrebbe sì agito come prestanome per conto del governo di Riad, con l’intesa però che il dipinto fosse considerato un dono dell’Arabia Saudita agli Emirati come segno di forte amicizia. “L’idea era di un dono di stato, come quando la Francia diede agli Stati Uniti la Statua della Libertà”, ha detto la fonte.

L’analisi della notizia, mette lo straordinario colpo sullo sfondo degli ultimi sviluppi geopolitici nella penisola arabica. Infatti proprio poco prima dell’asta, il 32enne MBS aveva lanciato una eccezionale crociata anti-corruzione contro decine di reali e boiardi sauditi molti dei quali hanno firmato, in cambio della libertà, accordi per la restituzione di miliardi di dollari ottenuti fraudolentemente. Salman, che ha anche avviato misure di austerity e di trasformazione verso una interpretazione meno puritana e estremista dell’Islam, è alleato della sua controparte ad Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, con cui condivide l’opposizione all’islamismo stretto e una visione che mescola riforme sociali e autoritarismo politico. Oltre a collaborare nella campagna militare in Yemen e nell’embargo contro il vicino Qatar (rivale di Abu Dhabi quanto a superpotenza culturale del mediorientale), i due stati hanno stretto la scorsa settimana una partnership di collaborazione per coordinare attività in tutti i campi, compreso quello della cultura di cui il museo emiratino diventa simbolo.

Il Louvre di Abu Dhabi, chiamato anche il Louvre delle sabbie, costato un miliardo di dollari e centinaia di milioni d’affitto del Brand parigino, firmato Jean Nouvelle, è infatti fondato sui principi dell’universalismo e della tolleranza ed espone oltre 600 opere che attraversano tutte le culture e le religioni tra cui una Torah yemenita, una Bibbia gotica, una figurina di Buddha e ora, per la tradizione cristiana, il Salvator Mundi.

 

 

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