NEL TEMPO DI NOI

Di Francesca Cerno

Hanno ripreso Heidegger e il tema dell’essere, concepito come accadimento e progetto gettato nel tempo – l’essere umano compreso nella sua estrema possibilità d’essere, è il tempo stesso, e non è nel tempo. Hanno ricordato Agostino d’Ippona e la sua riflessione filosofica – Il tempo? Se non me lo chiedi so cos’è. Ma se me lo chiedi, non lo so più. Hanno chiamato in causa le teorie quantistiche che infittiscono il mistero sulla sua esistenza – il tempo non esiste. Hanno sviscerato la dualità di Kairós e Kronos, il tempo qualitativo e quantitativo secondo gli antichi Greci, per arrivare al “time-space compression” della globalizzazione contemporanea.

Spaziando da Aristotele a Bauman, da Giordano Bruno a Fabio Mauri, in un dialogo incalzante, ricco di spunti e riflessioni sugli aspetti filosofici, sociali e psicologici del tempo vissuto, il filosofo Giacomo Marramao dell’Università Roma Tre e il giornalista de L’Espresso Marco Pacini hanno intrattenuto un’attenta platea lo scorso 25 maggio, in occasione dell’inaugurazione a Casa Cavazzini della mostra Nel tempo, realizzata in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Udine e On Art.

La mostra, presentata dalla coordinatrice Vania Gransinigh, si propone come l’anteprima di un progetto di valorizzazione per la città di Udine basato sulla rilettura di uno spazio urbano in una dimensione storica, che riunisce la memoria del luogo con la necessità, tutta contemporanea, di riappropriarsi del fluire lento del tempo contro l’accelerazione del presente, così da sviluppare un nuovo senso di appartenenza e di identità civica.

A introdurre la serata, il nostro presidente Gino Colla, che ha ricordato come la riflessione sul tempo e sulla morte sia oltre che filosofica – Heidegger parla espressamente di “essere per la morte” – estetica. Un esempio fra tutti, il capolavoro di Holbein, Gli Ambasciatori, in cui il memento mori è rappresentato da un teschio, chiaramente visibile guardando il dipinto da un’angolazione laterale.

Del potere dell’arte, ha parlato anche Marramao: “L’arte trasmette in millesimi di secondo ciò che la filosofia consegna in alcune ore e che la politica tramanda in anni. Ma il mistero dell’arte si comprende solo con un modello di universo diverso da quello classico”.

Ed è sul modello della società contemporanea che la riflessione dei due ospiti si è spostata: oggi ci troviamo in una sorta di “interregno”, tra il “non più” di un vecchio ordine e il “non ancora” di un nuovo ordine, di cui però intravediamo ben poco. Lo scenario che si apre ai nostri occhi non è molto confortante: il tempo accelerato sempre più incalzante che destabilizza i ritmi dell’uomo, l’idea che il passato sia migliore del futuro (per Bauman, gli anni della “retrotopia”), una politica nei cui programmi manca totalmente la prospettiva del futuro, la perdita generalizzata dell’idea della profondità di campo dei fenomeni che si producono e si determinano…

Ma questa avvilente fotografia non ci deve abbattere, al contrario deve stimolarci, farci prendere coscienza della possibilità del cambiamento, che parte sempre da noi stessi. Possiamo interrogarci sull’autenticità della nostra esistenza, tema tanto caro ad Heidegger, ripensando al nostro vivere quotidiano, e al tempo stesso alla nostra esperienza urbana, come la dott.ssa Vania Gransinigh ha stimolato a fare nella sua riflessione sull’importanza dell’intreccio tra vita cittadina individuale e collettiva.

E se ci rendiamo conto che la velocità sta scalzando la qualità del nostro vivere, possiamo agire sul recupero consapevole del tempo, magari iniziando con un esercizio grammaticale: aggiungiamo un accento alla congiunzione di “Essere e Tempo”, uno dei grandi lasciti di Heidegger, e pensiamo che “Essere è tempo”.  Sicuramente qualcosa in noi cambierà, poiché, come il filosofo esistenzialista afferma, “l’inizio è ancora… Non è alle nostre spalle ma ci sta di fronte. L’inizio in quanto è ciò che vi è di più grande, precede tutto ciò che è sul punto di accadere.”

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