PROSEGUE LA SERIE: I CASI GIUDIZIARI NEL MONDO DELL’ARTE

QUANDO E’ PLAGIO? BOH!!
Di Marina Isaia

Accade molto di frequente ormai, sia nel nostro Paese che all’estero, di avere notizia di casi giudiziari aventi ad oggetto le pratiche artistiche appropriazioniste o di re-enactment.

Con la definizione di re-enactment si indica la ricostruzione di un oggetto di design, di un’opera d’arte ma anche di un evento storico come ad esempio una battaglia, un assassinio, uno stile di vita, ecc.

Negli ultimi anni questa pratica si è diffusa in diversi ambiti: arte, design, musica, cinema, moda. Sappiamo però che esiste una normativa a tutela del copyright che attribuisce all’autore di un’opera originaria il diritto esclusivo a modificare od elaborare l’opera. Non solo, l’autore ha sempre diritto ad opporsi alle modifiche delle sue opere che creino un pregiudizio al proprio onore o alla propria reputazione (artistica o personale).

Quindi, la pratica molto affermata ai nostri giorni di creare arte copiando dai predecessori, anche se frutto di una elaborazione personale dell’artista successivo, costituisce un atto illecito?

La risposta è: forse… chissà… o meglio, dipende.

Dipende dal Paese in cui si verifica il fatto e dal suo ordinamento giuridico ma soprattutto dal giudice che è chiamato ad applicare la legge ed al quale spetta il difficile compito di contemperare i diversi diritti, quello dall’autore originario e quello della libertà artistica e di manifestazione del pensiero. Questi ultimi due, nel nostro Paese, hanno rango costituzionale poiché valori previsti degli art. 21 e 33 della nostra Costituzione.

La nostra giurisprudenza è ondivaga al riguardo.

Vi segnalo un caso giudiziario che è più eloquente di tante parole.

L’artista John Baldessari ebbe a riprendere alcune celebri sculture di Giacometti adornandole con drappi colorati, spadine, treccine, ingigantendole molto e, definendole “The Giacometti Variations”, le espose alla Fondazione Prada di Milano.

La reazione della Fondazione Giacometti non tardò ad arrivare: si rivolse al Tribunale di Milano ottenendo l’inibitoria alla commercializzazione, produzione e pubblicizzazione delle opere di Baldessari, oltre al sequestro.

Il Giudice motivò il provvedimento ritenendo violati non solo il diritto esclusivo di riprodurre, elaborare e sfruttare economicamente l’opera ma anche il diritto morale dell’autore all’integrità delle sue opere: esse erano difatti state impiegate a fini pubblicitari e di marketing di una casa di moda, risultando ridicolizzate.

A conclusione del successivo procedimento di merito, lo stesso Tribunale di Milano, sentite la difesa della Fondazione Prada e di Baldessari, giunse ad una decisione diametralmente opposta così sentenziando:

Baldessari, anche considerata la sua chiara fama di artista, ha chiaramente utilizzato le opere di Giacometti in chiave ironica e trasformativa, e tale da trasmettere un messaggio artistico del tutto diverso”.

Insomma il Giudice ha posto l’accento soprattutto sul fatto che l’intervento dell’artista statunitense fosse stato “consistente”, per tratti, dimensioni e materiali rispetto all’opera originaria di Giacometti e pertanto pienamente lecito.

Mi chiedo se sia opportuno che degli operatori del diritto, seppur autorevoli, che non hanno una specifica formazione o preparazione in materia, possano definire cosa sia arte… ma tant’è…

 

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