DE CHIRICO E LA METAFISICA

Di Gino Colla

In relazione alla mostra su de Chirico, curata da Luca Massimo Barbero, in corso a Milano, mi sono posto un quesito di cui vorrei brevemente trattare in questa sede. Il termine metafisica, attribuito a questa corrente pittorica, che origini semantiche ha e perché viene data proprio a questo artista?

Ricordo che De Chirico, e il fratello, Alberto Savinio, si collocano a cavallo tra ‘800 e ‘900, e hanno uno stile simile al Surrealismo, ma anche molto personale. Nel caso di De Chirico, nato a Volos, in Grecia, nel 1888, poi studente anche all’Accademia di Monaco di Baviera, dove nasce l’idea delle piazze dei suoi dipinti, si trasferisce a Milano e poi a Parigi. Dalle famose Piazze d’Italia, si passa poi, nel secondo dopoguerra, a nature morte, soggetti mitologici e autoritratti. Si sente l’attrazione verso la cultura classica, ma anche, l’interesse per una visione (e una luce!), che dà una vita nuova agli oggetti. Questi ultimi (ad es: le banane, il righello, ecc.), non sono più elementi utili all’uomo per qualche fine (nutrizione, opere varie, ecc.), ma assumono una vita autonoma. Viene in mente Magritte, estimatore di De Chirico, e dei suoi misteriosi dipinti, ispirati a oggetti che hanno un’esistenza indipendentemente dall’uso e dagli obiettivi dell’uomo.

Il nome Metafisica, si riferisce a un testo dello stesso De Chirico, Sull’Arte Metafisica del 1919, dove si scrive: “Ogni cosa ha due aspetti: uno corrente, che vedono gli uomini in generale, l’altro Metafisico… che rari individui vedono in momenti di chiaroveggenza o astrazione metafisica”.

Metafisica è, non a caso, un termine aristotelico, o meglio, un termine usato nella revisione delle sue opere fatta da Andronico di Rodi nel primo secolo a.C., dove si intende la scienza che si occupa delle realtà che stanno al di sopra di quelle fisiche. In realtà Aristotele usa più frequentemente il termine “filosofia prima”, o anche teologia, in opposizione alla “filosofia seconda” o fisica.

Tra l’altro, la metafisica indaga l’essere in quanto essere, la sostanza, Dio e la sostanza soprasensibile. Alla fine si ritorna al primato della sostanza, nella quale si insediano l’essere e le sue finalità, statiche e dinamiche. Quindi un primato dell’oggetto, ma visto e studiato come causa prima dell’essere. Questo in contrapposizione al mondo delle idee di Platone (ricordiamo la Scuola di Atene di Raffaello).

Metafisica è un voler riscoprire l’oggetto come essenza del fisico e del metafisico. Una visione nuovo e interessante, mentre si sviluppavano le dottrine sull’inconscio e gli studi di Freud e Jung. Quest’ultimo riscopriva il valore dei simboli, come portatori degli archetipi e dell’inconscio collettivo, in aggiunta all’inconscio personale di Freud.

Altri seguiranno con il tema figurativo degli oggetti. Penso alle bottiglie e ai vasi di Morandi. Qui però non c’è tanto il concetto dell’identità dell’oggetto, ma l’enigma di riuscire a dare un tempo e una memoria al nostro sguardo, a rendere eterno la fugacità di una visione.

Quindi Metafisica in senso laico, ma anche produttivo di tanta ispirazione per la storia dell’Arte.  Anche oggi sarebbe bello, riuscire a staccare nella nostra quotidianità gli strumenti dalle nostre finalità, per costruire, seppure gradatamente, un’alternativa al vituperato Antropocene.

 

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