APOLLO

Di Chiara Filipponi

Tra arte e mitologia

In occasione delle festività natalizie, abbiamo pensato di dedicare la newsletter di questo mese ad Apollo, per i greci dio delle arti, della musica, dell’ispirazione profetica, delle scienze, in particolare quelle mediche, ma anche il dio del sole. Il culto di Apollo fu assorbito anticamente dai romani, i quali non possedevano nel loro pantheon di divinità un dio equivalente; con il passare dei secoli, Apollo fu associato ad Elio e ad altre divinità di simile natura divenendo il dio Sole, il Deus Sol Invictus, al quale in tarda epoca romana fu dedicata la festa del solstizio d’inverno, che è stata tramandata fino a noi nella festa del Natale. Infatti, il cristianesimo riutilizzò quella che era stata una festa pagana di rinascita e celebrazione della vittoria del bene sulle tenebre attribuendole un nuovo significato religioso.

 

L’origine del mito

Secondo la mitologia greca, Apollo, fratello gemello di Artemide (di cui si è trattato in una precedente newsletter), era figlio di Leto e di Zeus. Egli fu uno degli dei del pantheon greco cui fu riservata una particolare devozione, tale da spingere Walter Burkert, studioso della religione greca, ad affermare che Apollo dava “il suo carattere peculiare alla cultura greca nel suo complesso.”  I luoghi di culto a lui dedicati erano innumerevoli, anche se i due più celebri che si contendevano il primato del culto del dio erano situati a Delo e Delfi. Fu proprio a Delo che, secondo il mito, Leto poté dare alla luce i suoi gemelli: trattandosi di una zolla di terra appena sorta dalle acque, ciò permise a Leto di partorire, aggirando la maledizione scagliata da Era, moglie di Zeus, la quale aveva condannato la donna a non poter partorire sulla terra.

 

L’uccisione di Pitone e l’oracolo di Delfi

Fin da bambino Apollo dimostra la sua eccezionalità; poco più che infante, si cimentò nell’impresa di uccidere il drago Pitone, il quale era stato mandato dalla vendicativa dea Era a insidiare e tormentare Leto. Avendo trovato il serpente sul monte Parnaso, lo ferì gravemente con le frecce fornitegli da Efesto, per poi inseguirlo fin dentro il tempio di Delfi, il quale era allora dedicato a Delfine, consorte di Pitone. Apollo, per nulla scoraggiato dalla ritirata del suo avversario, lo finì proprio sull’altare sacro del tempio. In seguito, dopo aver ottenuto con l’inganno i segreti della divinazione dal dio satiro Pan, Apollo si impadronì del Tempio di Delfi e piegò la sacerdotessa che lo presiedeva, la Pitia, alla sua volontà.

 

Apollo e Admeto

La forza e intraprendenza del dio, nonché la sua rapidità nell’imporre giustizia a suo giudizio, emergono con chiarezza anche dal mito dedicato ad Apollo e Admeto. Quando Zeus fece uccidere Asclepio, figlio di Apollo, poiché quest’ultimo si era macchiato di un crimine terribile, contravvenendo alle leggi della natura per risuscitare i morti tramite le sue arti mediche, Apollo si vendicò brutalmente, uccidendo i ciclopi, cari a Zeus in quanto avevano forgiato per lui le sue saette. Tuttavia, nemmeno Apollo poteva opporsi in modo così palese al volere del capo degli dei: come conseguenza alle sue azioni, Apollo fu condannato da Zeus a servire l’umano Admeto, re di Fere, per nove anni. Apollo, in qualità di pastore del re, fu trattato da Admeto con tale rispetto e gentilezza da spingere il dio, allo scadere della sua condanna, a fare un dono al re: da quel momento in avanti, tutte le mucche di Admeto avrebbero dato alla luce solo vitelli gemelli. In seguito, secondo la vicenda raccontata nella tragedia Alcesti, Apollo aiutò Admeto ad ottenere la mano di Alcesti regalandogli un carro trainato da un leone e da in cinghiale. In questo modo, il re di Fere riuscì a rispettare la condizione imposta dal padre di Alcesti, la quale imponeva di concedere la mano della ragazza solamente a colui che fosse riuscito a domare due bestie feroci.

 

Apollo e Orfeo

Come si è detto in apertura, Apollo era anche il dio delle arti, e, di conseguenza, il protettore degli artisti: per questo motivo, la sua vicenda si interseca con quella di Orfeo, un suonatore di cetra celebre in tutta la Grecia. Dopo aver perso la moglie Euridice, e dopo aver fallito nel suo disperato tentativo di riportarla indietro dal mondo dei morti, Orfeo distrusse la sua lira e tentò di togliersi la vita. Apollo, impietositosi davanti alla tragedia di Orfeo, lo prese con sé e lo portò sul monte Olimpo.

 

Apollo nella guerra di Troia

Come è noto, l’intreccio raccontato da Omero nell’Iliade vede gli dei protagonisti della vicenda, forse ancora più delle loro controparti mondane; nel caso di Apollo, egli si era schierato dalla parte dei Troiani poiché infuriato con Agamennone, il quale aveva ordinato il rapimento di Criseide, sacerdotessa di Apollo. Agamennone, le cui truppe venivano decimate dalle frecce guidate dal dio, acconsentì alla restituzione della sacerdotessa, ma pretese in cambio Briseide, schiava di Achille, provocando l’ira dell’eroe. In seguito, gli interventi di Apollo si rivelarono cruciali in più occasioni, quali ad esempio lo scontro fra Ettore e Patroclo e anche per lo scocco della freccia fatale di Paride che colpì il tallone di Achille.

 

Apollo e Cassandra

Il dio, nel tentativo di sedurre Cassandra, una delle belle figlie di Priamo, re dei troiani, le promise il dono della preveggenza, e lei acconsentì. In seguito, Cassandra si tirò indietro; Apollo, pur concedendole il dono della profezia, sputandole sulle labbra fece sì che le sue parole non fossero mai credute.

 

Apollo e Giacinto

Il mito, che tratta di uno degli amori più celebri di Apollo, viene raccontato da Ovidio nelle metamorfosi. Apollo, innamoratosi perdutamente del giovane Giacinto, un principe spartano, nel corso di un allenamento con lui lo colpì mortalmente alla testa con un disco: Zefiro, geloso del loro amore, aveva fatto in modo che il lancio si rivelasse mortale. Apollo, inerme davanti alla morte del suo compagno, lo trasformò nel fiore che porta il suo nome, tracciando nei suoi petali le lettere greche άί (ai), che in greco denotavano un’esclamazione di dolore.

 

Apollo e Dafne

Un altro amore infelice del dio è quello raccontato nel mito di Dafne, una giovane naiade, ninfa delle acque, che per la sua bellezza aveva attirato le attenzioni del dio Apollo, il quale era stato colpito da una freccia di Eros ed era quindi arso d’amore per la giovane. Dafne, che non desiderava le attenzioni del dio, fuggì, secondo alcune versioni del mito, in Arcadia, secondo altre in Tessaglia, giungendo infine a supplicare gli dei di salvarla da Apollo. Il padre di Dafne, il dio fluviale Ladone, fu mosso a pietà e la trasformò in un albero di alloro, il quale diventò uno degli attributi di Apollo.

 

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