COME VALUTARE L’OPERA D’ARTE

COME VALUTARE L’OPERA D’ARTE

La formazione del prezzo e i fattori che ne influenzano la valutazione

Di Gianna Ganis

 

Primo punto da considerare è che nel nostro Paese, rispetto ad altri settori come l’immobiliare, nella valutazione di un’opera d’arte mancano i cosiddetti standard di riferimento con conseguente confusione nelle presentazioni degli elaborati di stima da parte dei periti incaricati da Camere di Commercio o Tribunali. Meglio fidarsi dunque di valutazioni secondo standard internazionali rilasciate dagli esperti del RICS (Royal Institution of Chartered Surveyors) che presentano uniformità di valutazione, indipendenza, obiettività e trasparenza nell’approccio di valutatori qualificati.

I principali settori del mercato dell’arte ai quali appartengono numerose categorie di opere, si distribuiscono su un arco temporale di almeno 3.000 anni. Troviamo infatti in elenco opere e oggetti che vanno dalle antichità classiche agli argenti e gioielli, dai libri e manoscritti alla pittura antica, all’ arte moderna a quella orientale, alla scultura, ai mobili e arredi e quant’altro di natura artistica venga esposto, conservato o battuto nelle aste.

Detto questo, il mercato dell’arte è il luogo dove la formazione del prezzo risulta dalla convergenza di una serie di fattori correlati alcuni intrinseci altri indotti e transitori. Al primo tipo appartengono per esempio la certezza dell’autenticità dell’opera, la fama internazionale dell’artista, la sua pubblicazione/catalogazione, l’epoca di esecuzione, le numerose esposizioni, lo stato di conservazione, le dimensioni, la tecnica e il formato dell’opera.

Ma nella determinazione della valutazione e quindi del prezzo di mercato, entrano poi in gioco altre voci variabili strettamente collegate agli operatori che intervengono negli scambi: dai critici, direttori di musei e curatori di mostre(gatekeeper) ai collezionisti, galleristi e mercanti che muovono il mercato (market maker).

La rivista inglese “Art Rewiew” ogni anno stila la classifica dei personaggi che hanno avuto maggior peso nel sistema dell’arte internazionale e che quindi ne condizionano e influenzano anche l’andamento. Vediamo quindi che nel 2015 al primo posto si piazzano i Wirth, galleristi svizzeri i cui artisti trattati sono e saranno sicuramente molto quotati così come quelli esposti nelle 15 gallerie dell’art dealer Larry Gagosian o selezionati da Nicholas Serota direttore della Tate Gallery.

Ovviamente grandi promoter di artisti e certificatori di tendenze sono i musei: Tate Modern, MoMa, Moca dove si consacrano i nuovi talenti e gli artisti esposti ricevono il passaporto per il mercato.

Un deciso condizionamento sui prezzi è esercitato anche dai collezionisti più influenti che agiscono come giudici del gusto creando una corte di adepti: Eli Broad, Steven Cohen, Francois Pinault o la famiglia reale del Qatar, solo per citarne alcuni.

In passato in Italia un collezionista che influenzò il mercato rispetto alla Pop Art e alla Minimal Art,  quando il gusto italiano non era ancora molto orientato nell’apprezzamento di queste nuove espressioni artistiche, fu Giuseppe Panza di Biumo mentre Charles Saatchi a Londra riuscì a lanciare il movimento Young British Art attraverso un’operazione di valorizzazione dell’arte in salsa marketing e pubblicità, con il risultato di trasformare un fenomeno popolare  connotato però da  prezzi esponenziali.

Spesso sono gli stessi artisti, nella fattispecie viventi, che diventano brand di sé stessi capaci di moltiplicare le quotazioni delle loro opere, quando sono in grado di trasformarsi in star dell’Art sistem alla stregua di attori del cinema o pop star (vedi i casi dell’italiano Cattelan, l’americano Koons, la performer Marina Abramovic, il cinese Ai Weiwei). Essi hanno fatto della provocazione e dell’esposizione mediatica in primis, la loro cifra stilistica, ma soprattutto la loro fortuna commerciale.

Nel caso delle valutazioni e dei prezzi  dell’arte antica, nel cosiddetto mercato degli Old Master, sebbene molte opere siano correlate da autentiche, studi successivi o analisi scientifiche possono portare alla scoperta della contraffazione o alla riattribuzione dell’opera sia diminuendone che aumentandone il valore, come nel caso dell’opera “Scena di caccia” attribuita a un seguace di Rubens e pagata circa 300mila euro ma che invece una volta ripulita, si è dimostrata autografa del grande pittore e acquistata dal Getty Museum di Los Angeles per diversi milioni di dollari.

Sempre in materia di autentica e quindi di corretta valutazione di mercato per opere d’arte moderna e contemporanea, essa dovrebbe essere rilasciata dall’artista e, quando non in vita, da un esperto indicato dall’autore, dalla sua fondazione o dall’archivio, espressione degli eredi o di studiosi accreditati (vedi Associazione Italiana Archivi d’Artista o Commissione peritale dell’Associazione nazionale gallerie d’arte moderna e contemporanea).

Infine, riguardo alla produzione di rendimento dell’opera d’arte che è stata certificata e acquistata, possiamo affermare che la rivalutazione della stessa si verifica solo al momento della vendita. I guadagni in conto capitale, quelli derivanti dalla differenza fra prezzo d’acquisto e quello di vendita, sono gli unici rendimenti attesi dall’investimento che non può garantire alcuna rendita periodica. La speculazione nell’investimento in arte non è un fenomeno a breve: il tempo utile e non garantito entro il quale l’arte in portafoglio può rivalutarsi si stima in circa 5-10 anni. Costituiscono un’eccezione di rendimento solo le fee derivanti dalla gestione dei diritti d’immagine o dai prestiti remunerati che però riguardano pochi capolavori.

Per concludere possiamo affermare che quando si parla di valutazione di opere d’arte non esiste un valore unico ma la stima cambia se esso viene considerato a fini fiscali, a fini assicurativi, in caso di successioni o donazioni. Che sia necessario diffidare dell’“affare”, di affidarsi piuttosto alle case d’asta nella compravendita e che è il mercato stesso lo specchio dell’intero meccanismo di accreditamento ovvero che non c’è mostra, evento o acquisizione pubblica e privata, che non abbia ricadute sui prezzi delle opere.

 

 

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