FILIPPO DE PISIS, EMILY DICKINSON E IL CONTAGIOSO RAPPORTO CON IL NOSTRO SÉ

Di Francesca Cerno

In certe ore, in certe luci, l’eleganza e la grazia pare si compiacciano di scendere dall’Olimpo per incarnarsi negli aspetti, nelle creature, nelle più umili cose. In questo periodo di isolamento forzato, in ottemperanza alle misure disposte per il contrasto e il contenimento del coronavirus, le parole di Filippo Tibertelli, meglio conosciuto come Filippo De Pisis (1896 – 1956), ci possono aiutare a ritrovare un po’ di serenità tra le mura domestiche. Chi ha avuto la fortuna di visitare la retrospettiva dedicata all’artista ferrarese al Museo del Novecento a Milano, prima della chiusura forzata dei luoghi deputati alla cultura, avrà sicuramente colto alcuni aspetti non solo della sua pittura, tra vedute urbane, nature morte e fantasie marine, ma anche della sua personalità. Scrittore prima, pittore poi. Sopraffino autodidatta. Appassionato di poesia – amico di Apollinaire – e lui stesso compositore di versi, instaura un rapporto speciale e proficuo con la letteratura, la musica e la natura, che ispirano la sua opera pittorica e la sua produzione scritta. In queste relazioni profonde, ritrova le sue radici, riscopre se stesso e trova ispirazione per consegnarci una riflessione sul mondo, in piena libertà espressiva, in un segno che ha un valore evocativo. In un inconsueto parallelismo, tornando indietro nel tempo, più o meno di mezzo secolo rispetto a De Pisis, giunge a noi con rinnovata forza la voce della poetessa autoreclusa, l’ineguagliabile Emily Dickinson, che contempla la vita da una stanza, “con la sola compagnia del vocabolario” e che consegna ai posteri una parola vigorosa e salvifica che ha il potere di sconfiggere la superficialità del vociare della folla. Fil rouge tra queste due figure, il processo interiore che tutti noi possiamo sperimentare. Autoanalisi e ritratto del proprio sentire, esplorazione della parte più intima di sé e colloqui con le piccole cose del quotidiano. Ancora una volta, l’arte ci può insegnare la via nei momenti più difficili: quella dello sguardo e della riscoperta, della meraviglia del qui e ora. Certo, il nemico esiste. Ma come ribadisce più volte Dickinson nei suoi scritti e De Pisis conferma, purtroppo, con la sua biografia, è molto spesso di origine psichica. “L’assassino in casa nostra”, che ha condotto il pittore a spegnere a poco a poco il vigore delle sue pennellate e finire i suoi giorni in casa di cura è pronto a darci battaglia. Ed è proprio per questo che, a testa alta, siamo chiamati ogni giorno a contagiarci con un rinnovato pensiero: la gioia di sperimentare il momento presente, il ritrovare la “grazia dell’Olimpo” nelle più umili cose.

Una lezione che, una volta imparata, non possiamo e non dobbiamo più dimenticare.

 

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