THE WALL A BOLOGNA.

Di Gino Colla

Sempre sul tema del rapporto tra arte contemporanea e musei in Italia, vorrei in questo articolo aprire un breve capitolo sul rapporto tra digitale/audiovisivi e mostre. Infatti sembra che la panacea di tutti i mali, e in particolare, portare i giovani a visitare i musei stia nell’aumentare l’utilizzo dei dispositivi multimediali. I casi sono sempre più numerosi (la mostra di Klimt al Mudec di Milano, la mostra su Van Gogh senza neppure un quadro dell’artista a Roma, ecc.). La mia posizione, data anche la mia età, e l’avversione a tutto ciò che sia digitale, è piuttosto critica. La fruizione di un’opera d’arte, con i suoi colori, la sua materia, non può neppure lontanamente essere surrogata da un susseguirsi di fotografie, seppure in grande formato, musiche dell’epoca, frasi ingrandite dette dall’artista o da suoi biografi. Certo che le mostre in questione sono molto partecipate e i giovani ne sono entusiasti, quindi se il fine è quello di avvicinare gli utenti all’arte, specie contemporanea, ben vengano le mostre multimediali. Si dovrebbe a questo punto aprire anche un capitolo se l’aumento del numero dei visitatori sia indice di successo, ma direi che nel difficoltoso rapporto tra entrate e uscite dei musei, questo indice sia significativo (forse le entrate lo sarebbero ancora di più, visto che molti visitatori sono portati dalle scuole non paganti).

In questo focus, si introduce una mostra da me visitata a Bologna, intitolata The Wall. L’obiettivo è esplorare il muro attraverso varie angolature. Il muro delimita i confini, i ghetti, le divisioni. Ma la storia ha visto anche le cadute di tanti muri. Il muro è fuori, ma anche dentro di noi (mi viene in mente la canzone di Ivano Fossati, Per niente facili). Il muro innesca l’idea dei manifesti (anche Rotella è presente in esposizione), o dei murales. La mostra è senz’altro accattivante, perché lascia intravedere degli spiragli, tramite opere di Fontana, Hitomi Sato e le sculture in parte emerse di Matteo Pugliese (vedasi foto).

Ma quello che qui mi interessa, è sottolineare che questa mostra fa ampio uso di mezzi audiovisivi (vedasi foto), ma riesce ad avere agganci anche alle opere originali.

Il futuro di quanto stiamo argomentando, forse sta proprio in questo. Per rincorrere gli effetti speciali, non dimentichiamo i lavori originali. L’armonia e il successo sta forse nel riuscire a incuriosire sia i giovani, sia anche i meno giovani, proprio come questa mostra sa fare.

Il muro dell’arte forse si può scalfire o scavalcare, basta trovare un mix tra novità e tradizione. D’altronde, diceva Warhol, la bellezza si compone sempre di due elementi opposti. E se ci pensiamo, è proprio così.

 

 

 

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