CONTINUA LA SERIE: I CASI LEGALI NEL MONDO DELL’ARTE
Di Marina Isaia
Riprendiamo la tematica dell’archivio di artista, già affrontata in passato.
Il sentimento comune che in questo momento storico pervade l’autenticazione, la vendita e la distribuzione delle opere d’arte è, a detta di tutti gli operatori del settore, l’ansia.
E ciò per delle buone ragioni: prezzi elevati, un mercato internazionale ampiamente privo di regole, la presenza di falsi ed errori umani – il tutto farcito da una cultura del contenzioso molto allegra – fanno sì che nessuno sia immune da rischi. Di tal che oggi, i collezionisti sono spaventati all’idea di inviare le proprie opere ad una Fondazione, per la paura di vederle marchiate in modo indelebile come false oltre che distrutte, non solo nella “reputazione”, ma anche fisicamente. Questo sostengono alcuni studiosi poiché sarebbe uno dei rischi che corrono le opere ritenute false: essere distrutte come previsto dalla legge. E’ però bene precisarlo, raramente tale disposizione viene effettivamente applicata. Ma al di là di questo, sentirsi dire che la propria opera, acquistata come vera e profumatamente pagata, è falsa credo sia il peggior incubo in cui possa incappare un collezionista. Anche perché spesso gli Archivi (o Fondazioni che dir si voglia) non sempre rilasciano spiegazioni chiare e rimane sempre il dubbio, quanto meno, di un possibile errore umano.
Quindi cosa accade quando un Archivio rifiuta una richiesta di autenticazione?
Ricordiamo che il certificato di autenticità è un documento cartaceo ufficiale che contiene le caratteristiche tecniche dell’opera esaminata e ne certifica l’autenticità. È composto da una relazione scritta con le indicazioni tecniche, critiche e biografiche (nel caso di opere firmate) e da foto indicative con i dettagli più rilevanti; vi sono poi in genere vari allegati (ad esempio: fotocopie di opere comparative, biografie desunte da pubblicazioni, altri expertise, titoli di acquisto, ecc). Elemento fondamentale è la firma del soggetto che l’ha rilasciato. Pertanto occorre farsi rilasciare il certificato di paternità dal venditore professionista che ha curato la vendita o direttamente dall’artista, nel caso in cui sia in vita. Se invece l’artista è defunto, è preferibile ottenere l’autentica direttamente da un archivio di riferimento, se questo è stato costituito in vita dall’artista o per mezzo di disposizione testamentaria. In ogni caso è buona norma ottenere tutte le informazioni necessarie relative allo stato di conservazione, alle avvenute pubblicazioni e alla accertata provenienza dell’opera. Insieme al certificato di paternità, è opportuno procurarsi anche una valutazione dell’opera.
Ciononostante non possiamo dormire sonni tranquilli: non esiste una certificazione definitiva in merito alla paternità di un’opera!. Infatti, anche professionisti esperti d’arte indipendenti possono confermare o disconoscere la paternità di un’opera d’arte, nonostante le affermazioni di un archivio.
Non sono rari i casi in cui un collezionista abbia l’autentica del gallerista ma questa è stata disconosciuta da un Archivio, oppure il caso in cui l’Archivo sia nato dopo la vendita dell’opera in questione ed abbia provveduto al disconoscimento della stessa. Oltre al fatto che l’autentica, anche nel caso in cui sia posta direttamente sull’opera, potrebbe essere stata apposta successivamente o artefatta.
Dunque cosa può fare un collezionista al quale un archivio neghi il certificato di autenticità?
Il collezionista dovrebbe innanzitutto procurarsi, a suffragio dell’autenticità, un expertise da parte di un perito esperto. Ottenuto questo, è possibile instaurare un giudizio nei confronti dell’archivio/fondazione per sentire accertata giudizialmente – attraverso apposita consulenza tecnica da perito terzo nominato dal Tribunale – l’autenticità dell’opera. La domanda potrebbe essere accompagnata, nell’ipotesi in cui il diniego dell’autenticità da parte dell’archivio fosse stato determinato da dolo o colpa grave, da una domanda di risarcimento del danno procurato per l’erronea dichiarazione di non autenticità.
In alternativa, alla via giudiziale, si può tentare di risolvere la controversia rivolgendosi ad organismi di mediazione.
Ad onor del vero bisogna riconoscere che non sempre gli Archivi sono collaborativi.