Cristina Treppo a Vicenza.

Cristina Treppo a Vicenza.

Di Gino Colla

Il 25 novembre si è inaugurata a Vicenza, una mostra di Cristina Treppo, il cui catalogo è stato pubblicato, anche con il contributo di On Art (testo di Vania Gransinigh). La sede era casa Gallo, uno splendido edificio realizzato da Scarpa e ora detenuto da una Fondazione.

La mostra riprende alcune opere che erano esposte a Casa Cavazzini, al primo piano, dove Cristina aveva pensato a un dialogo tra quei luoghi una volta abitati da dante Cavazzini e ora adibiti a Museo. Come far rivivere le stanze? Come ricordare un passato che ormai è scomparso? Allora Cristina ha pensato a delle specie di tele che possono essere anche calpestate, dove ha a lungo lavorato con abrasioni e segni geometrici, come a far ricordare un passaggio di persone, di eventi, di coscienze. Poi queste tele, che possono essere anche dei tappeti, sono stati appesi, giocando sulla distopia tra orizzontale e verticale.

L’attenzione a Cristina Treppo deriva da un lungo percorso di conoscenza reciproca, che mi ha portato a conoscere e apprezzare la sua coerenza e originalità, e quindi la sua creatività.

All’inizio il suo lavoro era legato all’usura del tempo, alle muffe e ragnatele che si depositano su cose e tessuti.

Poi si è evoluto sul contrasto tra pesante e leggero, cemento e cotone, ferro e nuvole.

Ora sul rapporto tra orizzontale e verticale, e la convenzione nel vedere e nell’essere visti. Questo è un aspetto interessante, legato alla ricerca anche dell’esistenzialismo filosofico e a Magritte. L’arte è un mistero, e deve saper cogliere la differenza tra immagine e realtà. Non è possibile riprodurre la realtà, ma bisogna evitare le trappole percettive, fermando gli oggetti in uno spazio e in contesto diverso da quello in cui siamo abituati a pensarli ( Il treno e il caminetto, ad esempio).

Unitamente a questo la Treppo lavora sull’ombra, sul nero, su nuove colorazioni, che come il silenzio fa intuire l’esistenza delle parole, così fanno immaginare l’elemento della luce, che deve essere colta all’interno di noi, prima che all’esterno.

Quando si guarda alla Treppo, si è colti da stupore e da curiosità, nel cogliere la novità del non colore, o della non immagine. Viene in mente l’opera di Merz nel giardinetto della collezione P. Guggenheim a Venezia: “Quando l’immagine scompare, allora la sua radice è eterna”.

 

 

 

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