Combattere lo stress con l’arte? Secondo Art Fund si può…

Di Chiara Filipponi

Da Artribune, Desireé Maida, 30 gennaio 2019

 

Stando a uno studio condotto dall’associazione britannica Art Fund, la Gran Bretagna combatte lo stress andando al museo. Gli under 30 in particolare frequenterebbero i musei per combattere l’ansia causata dalle pressioni della vita contemporanea…

Che l’arte possa fare bene alla salute, permettendo addirittura di scaricare emozioni negative, ne aveva avuto intuizione Aristotele che, nel suo trattato sulla Poetica, teorizzava uno dei concetti più noti del suo pensiero: quello della catarsi. A confermare quanto affermato dal filosofo, arriva a distanza di oltre due millenni una ricerca commissionata dall’associazione britannica Art Fund.

Di che cosa si occupa Art Fund? Scopo di questa associazione è quello di sostenere musei e gallerie in diversi modi. Tra questi: raccogliere fondi per acquisizioni di pezzi per incrementare la collezione permanente delle istituzioni museali, nonché per la formazione del personale e l’elaborazione di esposizioni e promuovere campagne per la tutela di opere d’arte in pericolo e per la raccolta di fondi dedicata a progetti museali attraverso una piattaforma di crowdfunding dedicata. Punto forte dell’associazione poi il National Art Pass, che offre l’ingresso gratuito a oltre 240 musei, gallerie e luoghi storici e il 50% di sconto per molte istituzioni d’arte.

In questo caso specifico, Art Fund ha commissionato uno studio il cui risultato ha dimostrato che i giovani britannici “utilizzano” i musei per scaricare il proprio stress e rilassarsi. Se il 6% della popolazione del Regno Unito visita regolarmente collezioni d’arte, il 13% delle persone con un’età inferiore ai 30 anni visita musei e gallerie ogni mese, e il motivo sembra essere condiviso: combattere l’ansia causata dalle pressioni della vita contemporanea. Sarà forse per combattere questa “emergenza” nazionale che l’Art Fund ha deciso di estendere il proprio National Art Pass a tutti i britannici fino ai 30 anni!

Se la vita di tutti i giorni può essere frenetica, in realtà c’è il rischio che possa essere stressante anche la visita ai musei: ne sono una prova i turisti che affollano le sale, i selfie davanti alle opere, le corse contro il tempo per cercare di visitare più musei e gallerie possibili se si è in vacanza. Ebbene, per non cadere nel tranello del cosiddetto turismo “mordi e fuggi”, qualche tempo fa il docente di letteratura al Pomona College in California Arden Reed ha teorizzato la Slow Art, ovvero un “nuovo campo estetico” che porta a esperire le opere d’arte con lentezza e maggiore consapevolezza. Non si tratta soltanto di un modo di osservare l’arte, ma un rapporto intimo che si instaura tra fruitore e opera esperita. Una forma di contemplazione molto simile a quella che contraddistingue un fedele nel momento di preghiera, spiega Reed nel suo libro Slow Art: The Experience of Looking, Sacred Images to James Turrell, che inoltre sottolinea come la Slow Art sia un fenomeno prettamente moderno e inesistente in passato perché, nei secoli addietro, la vita era “slow”: “forse in un’era mondana la Slow Art può darci il tipo di consolazione che tutti cercano”.

In un momento storico in cui si va sempre di corsa, si è sempre in ritardo, si fanno le lotte contro il tempo, non si ha mai il tempo per pranzare ma a malapena per “mangiare un boccone”, si è troppo impegnati per fare una telefonata e si prediligono invece i più brevi e incisivi messaggi vocali, la fobia temporale non ha risparmiato nemmeno il mondo dell’arte. Sempre più spesso nei musei si assiste a scene in cui gruppi di turisti corrono veloci come saette da una sala all’altra, soffermandosi a malapena dinanzi alle opere più famose per poi sgusciare fuori dal museo per andare a visitarne subito un altro.

Riflessioni sul cosiddetto turismo “mordi e fuggi” hanno portato alla creazione dello Slow Art Day, una giornata internazionale dedicata all’esperienza artistica rallentata, un modo per osservare i capolavori custoditi nei musei con maggiore attenzione e consapevolezza. Ma come va osservata un’opera d’arte in modalità “slowly”? Esistono una tecnica o delle regole da seguire per osservare un dipinto o una scultura in maniera corretta? A queste domande potremo trovare risposte leggendo un saggio appena pubblicato negli Stati Uniti, Slow Art: The Experience of Looking, Sacred Images to James Turrell, ultima fatica del docente di letteratura al Pomona College in California Arden Reed. Attraverso il suo lavoro, l’accademico vuole fornire la teoria necessaria a garantire quello che lui chiama “nuovo campo estetico” che vede emergere le esperienze della decelerazione e della lentezza.

Ci sono opere che per loro stessa natura si sentono come “slow”, e Reed cita come casi emblematici i tableau vivant dell’Ottocento e il contemporaneo Bill Viola. Ma secondo l’autore la definizione Slow Art è qualcosa che va oltre la semplice catalogazione: è un’esperienza soggettiva, un modo di osservare, una sorta di feeling che si instaura tra l’osservatore e l’opera esperita che, in questo intimo momento di esperienza estetica, viene resa viva dal suo fruitore. Una forma di contemplazione molto simile a quella che contraddistingue un fedele nel momento di preghiera, spiega nel suo libro Reed, che inoltre sottolinea come la Slow Artsia un fenomeno prettamente moderno e inesistente in passato perché, nei secoli addietro, la vita era “slow”. Invece il capitalismo e l’urbanizzazione hanno accelerato il ritmo della civiltà, portando a queste formule di lentezza che sono necessarie e, come afferma Reed, addirittura consolanti: “forse in un’era mondana la Slow Art può darci il tipo di consolazione che tutti cercano”.

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